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lunedì 21 settembre 2015

La Buona Novella

Il sogno di Maria secondo Faber

... e le mie braccia divennero ali



        di Matteo Tassinari
"Nel grembo umido scuro del tempio, l'ombra era fredda gonfia d'incenso. L'Angelo scese come ogni sera ad insegnarmi una nuova preghiera". Una preghiera rivolta verso tutto quanto sia in grado di farci sentire vivi, per non restare chiusi nelle proprie galere mentali e spirituali. La Buona Novella è un affresco della storia del Cristo vivente, l'uomo di cui Fabrizio De André si era innamorato da ragazzo. Affascinato dalla storia dei Vangeli, il cantautore genovese decide di prendere spunto da essi per un viaggio musicale lungo le vie della Galilea.
Vangeli
apocrifi
Da laico, Fabrizio De André, riesce a mantenere il necessario distacco da un tema così sentito, sacro, maestoso, celeste e immutabile nei millenni. La forza del canto sottrae Maria e Giuseppe all'oleografia catechistica iniettandovi il sangue della realtà, il grigiore dei giorni, la promessa di un futuro, la tenerezza del ritorno, le angosce che l'uomo e la donna, inevitabilmente, sono costretti a vivere. I Vangeli sono quelli apocrifi (nascosti) ossia i libri scritti da bizantini, greci, fenici, armeni e non riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa.
Il Mistero   che
lievita il ventre


   De André
  si ispira
per lo più al Protovangelo di Giacomo, secondo gli apocrifi, fratellastro di Gesù. La protagonista della storia, è la Madonna che racconta il Figlio attraverso gli occhi di madre e di donna. Il Mistero che lievita il ventre di Maria capace di soffrire, come solo una donna sa, di fronte alla crocifissione e i colpi di petto sulla croce del Figlio. Il grido di Tito, il buon ladrone, in grado di provare dolore soltanto nel guardare gli occhi dell'uomo che accanto a lui sta morendo e non nell'obbedienza a un comando astratto. "Femmine un giorno madri per sempre", l'Ave Maria non è un rosario da ripetere a memoria, ma una melodia ritagliata sui gesti di una donna.
Il disco fu accusato di anacronismo, al punto che gli estremisti lo criticarono dicendo: "Ma come, noi andiamo a combattere nelle università, facciamo le barricate contro i manganelli della Polizia e tu ci vieni a parlare della predicazione del Cristo?". "La Buona Novella, è un’allegoria", l'artista lo ribadisce nel tour del ‘97/’98 quello dove sbocciano tarocchi stupendi persiani.
La superficialità
 del '68
  "Non
      avevano
     capito,
almeno la parte meno attenta di loro, che 'La Buona Novella' è un'allegoria dove si paragonavo le istanze migliori e più ragionevoli del Movimento Sessantottino, a cui io stesso ho partecipato, con quelle, molto più vaste spiritualmente, di un uomo di 1968 anni prima, che proprio per contrastare gli abusi del potere, i soprusi dell'autorità si era fatto inchiodare su una croce, in nome di una fratellanza e di un egualitarismo universali. Gesù Cristo è il più grande rivoluzionario della storia".
Questa fu la risposta di De André a chi lo accusava di disimpegno alla lotta urbana e per di più parlando di Gesù. L'ideologia ammazza il tuo simile.
L'ideologia è ignoranza pura
L'ignoranza aleggiava alta in quel periodo, c'era in giro un'idealizzazione pazzesca, da perdere il senso dell'umanità, del gratuito, tutto era vero solo se combaciava con le idee dei "rivoluzionari" e se così non fosse il tempo poi ha dimostrato il vero, immagini stupende, spirituali, eteree, emblematico, candido, visioni che lambiscono e giocano con la purezza. "Non avevano capito che la Buona Novella, voleva essere un inno al senso di pietà e amore più alto e infinito. Erano un pò sciocchi, diciamolo pure", e alcuni si sentivano i nuovi Marcuse pronti ad indottrinare altri che non sapevano che fare della propria vita.
Il sommo 
Fabrizio De André non racconta sogni, ma realtà rivestite di contenuti onirici. Come Dante Alighieri che nella Divina Commedia non narra favole ma cronache proiettate in una prospettiva ideale e simbolica. Paolo e Francesca non sono invenzioni poetiche ma personaggi della cronaca tempo che nell'ispirazione dantesca diventano l’icona dell’amore immortale. "Le istanze più alte, quelle della predicazione del Cristo", ha ribadito De André, non un disco fuori dal tempo, ma nel tempo.
La diffusione degli insegnamenti di Gesù, sono mal visti e temono la perdita del Tempio. Càifa, sommo sacerdote, si scaglia contro Cristo
Rendere all'umanità
Dopo l’uscita, ha spiegato il cantautore genovese, mi chiamarono teologi, storici, studiosi delle sacre Scritture, limitandosi a prendere dei personaggi consacrati e a renderli più umani. L’autorità incarnata dai sacerdoti, farisei che cacciano Maria dal Tempio, rea di essere diventata una donna, per non macchiare di rosso con la sua verginità le sacre porte del Tempio. Questa era la "colpa". Come a dire, per Te io sopporto l’insulto e la vergogna mi copre la faccia, diventando un estraneo ai miei fratelli che errano attratti dal Messia, ma non colgono l'essenza della vita del Crocifisso. "Perché mi divora lo zelo per la Salvezza di ogni essere umano, gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me".
Prodotta
da Roberto Danè
e composta da De André, insieme a Giampiero Reverberi, la Buona Novella, rappresenta una tappa fondamentale nel percorso artistico di Faber. Al centro della narrazione non c’è Gesù, ma Maria, il Figlio viene, raccontato attraverso gli occhi della madre. Il Sogno di Maria, è la storia dio una giovane donna, che intenta ad abbracciare l’Annuncio della Maternità. La Maternità e l’amore hanno le sembianze di un angelo e di un sogno. Con le ali di prima, pensai di scappare, ma il braccio era nudo, e non seppe volare, poi vidi l’angelo mutarsi in cometa, i volti severi divennero pietra, e le loro braccia profili di rame, nei gesti immobili di un’altra vita, foglie le mani, spine le dita. Ricco d’immagini poetiche. Il brano racconta le sensazioni di una sposa bambina che vede le sue braccia trasformarsi in ali. L’Angelo è l’anello di congiunzione tra il desiderio di trascendenza e la voglia di restare aggrappati alla concretezza della vita.
L'Angelo e la
congiunzione
La maternità e una terra di mezzo dove trascendenza e immanenza s’intrecciano come alberi. L’Angelo è la figura che forse meglio di altre riesce a rappresentare questa promiscuità tra cielo e terra. Non così solenne come un Dio, ma neppure fragile e vulnerabile come un uomo. 


Il tema della donna che attraverso l’amore si trasforma, in De André, tocca vette altissime grazie ad una musica capace di accompagnare con accordi essenziali, come pennellate sulla tela, il viaggio. Se nel Sogno di Maria Faber canta il messaggero alato dove angeli e sogni confondono le traiettorie solite, in quella variopinta partitura che è la musica, finestra dagli infiniti a cui affacciarsi in cerca di un sostegno, qualcosa che ci superi, che abbandoni per sempre le nostre paranoie, le nostre inutilità a cui diamo troppa importanza.